domenica 6 dicembre 2009

Disobbedienza e democrazia

di Giuseppe Varini

Howard Zinn
Disobbedienza e democrazia
Il Saggiatore



“[…]. Il politico prova fastidio e irritazione di fronte all’incalzare del riformatore radicale e l’osservatore moderato ritiene che sia sbagliato e poco saggio avanzare al potere richieste estreme, ma entrambe le critiche non riescono a operare una distinzione tra il ruolo sociale del politico e quello dell’agitatore. In generale, questa distinzione viene percepita più chiaramente dai riformatori che non dai detentori del potere. Wendell Phillips lo dice con chiarezza:

Il riformatore non è interessato ai numeri, disprezza la notorietà e si concentra soltanto sulle idee, sulla coscienza sul buon senso. […]. Non si aspetta né ricerca ansiosamente il successo immediato. Il politico vive invece in un eterno presente. […]. Il suo compito non è educare l’opinione pubblica ma rappresentarla.

James Russel Lowell espresse lo stesso concetto in un altro modo:

Il riformatore deve aspettarsi un relativo isolamento e deve essere forte a sufficienza da sopportarlo. Non può cercare la simpatia e la cooperazione delle maggioranze popolari. Questi sono gli strumenti del politico. […]. Tutti i veri riformatori sono invece incendiari. Ma infiammano il cuore, l’intelletto e lo spirito dei loro simili assolvendo così alla funzione loro assegnata nel saggio ordinamento voluto dalla Provvidenza.

L’osservatore che guarda il radicale con occhio critico potrebbe inconsciamente evocare l’immagine di un mondo popolato esclusivamente da gente che la pensa in un solo modo, un mondo dove non si fa che sbraitare, lamentarsi e denunciare. Ma sarebbe bene che provasse anche a immaginare un mondo privo di radicali , un mondo placido, statico e pieno di malvagità, in cui le vittime delle ingiustizie vengono lasciate a se stesse, dove chi è solo al mondo viene calpestato. Da sempre, è il radicale per primo a tendere la mano a chi è stato scaraventato al tappeto dall’ordine sociale, seguito soltanto dopo dal moderato. […].
Lincoln è il prototipo del politico al potere le cui opinioni sono talmente moderate da richiedere la pressione dei radicali come stimolo all’azione. La stessa natura del processo elettorale vuole che il politico sia una persona portata al compromesso e all’opportunismo: orienta la vela a seconda del vento più favorevole, e senza il soffio impetuoso del riformatore radicale si lascerebbe andare all’immobilismo o seguirebbe il flusso dell’ingiustizia esistente. […].”

Howard Zinn

Howard Zinn è professore emerito di Scienza politica alla Boston University. È considerato il più importante storico radicale statunitense per i suoi studi autorevoli ed originali.

Il professor Zinn con un’ottima scrittura, che rende il libro di facile lettura anche ai non addetti ai lavori, racconta molti episodi cruciali della storia americana alla luce di questioni fondamentali come le divisioni razziali e sociali, il rapporto tra legge e giustizia, le forme di lotta non violenta al potere costituito. Zinn racconta episodi concreti: la repressione dei moti operai, le manifestazioni dei neri contro la segregazione, i processi ai militanti contro la guerra del Vietnam.
Howard Zinn è uno storico militante che non ha mai fatto mistero di come la pensasse e di come, a suo avviso, la storia debba servire a fare luce e chiarire le radici dei conflitti del presente.
Tra l’altro è stato strenuo oppositore delle guerre americane nell’Afghanistan e in Iraq.
Di Howard Zinn segnaliamo anche la Storia del popolo americano, una storia degli Stati Uniti dal basso, come è stata vissuta, sulla base dei documenti, da coloro che hanno contribuito ad edificare la nazione dalla posizioni più umili (gli indiani d’America, i neri, gli immigrati europei, ecc.) raccontando le loro lotte e difficoltà e le ingiustizie subite di cui la storia degli Stati Uniti è lastricata.
E You can’t be neutral on a moving train che ha un titolo che è tutto un programma ed è un libro di memorie molto autobiografico che spiega ancora meglio la tempra e il carattere di questo grande studioso.

La riflessione sul ruolo differente tra riformatore radicale e politico mi aveva colpito e trovo che abbia qualche assonanza con il No B-Day riguardo a come è nato e cresciuto il movimento e il suo rapporto col PD e con Bersani, a cui tocca l’onere della sintesi politica per non disperdere le energie mobilitate.

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